Durante la gravidanza, la tiroide è sottoposta a differenti stimoli che comportano l’aumento della di produzione degli ormoni tiroidei T3 e T4. Inoltre, aumenta il fabbisogno giornaliero di iodio sia per l’aumentata perdita renale sia per il suo trasferimento transplacentare necessario per garantire la normale funzione della tiroide fetale. Perciò è fondamentale che in gravidanza e poi nell’allattamento l’apporto giornaliero di iodio sia aumentato rispetto a prima della gravidanza e sia di almeno 250 microgrammi al giorno: ciò si ottiene in genere con la somministrazione di preparati multivitaminici contenenti iodio.
Le malattie della tiroide più frequenti in gravidanza sono l’ipotiroidismo e l’ipertiroidismo.
L'ipotiroidismo è presente in circa il 2% delle gravidanze. Le cause più frequenti sono la Tiroidite autoimmune di Hashimoto e il deficit dell’assunzione alimentare di iodio.
I sintomi sono sfumati e spesso erroneamente attribuiti allo stato gravidico: pelle secca, gonfiore, perdita di capelli, stanchezza, stitichezza. Le complicanze dell’ipotiroidismo in gravidanza non adeguatamente trattato sono gravi sia a carico della gestante (aborti, parto prematuro, anemia e ipertensione) che del feto o del neonato (mortalità perinatale, basso peso alla nascita, ipotiroidismo con ritardo di crescita, deficit mentali e neurologici). La prevenzione dell’ipotiroidismo in gravidanza si basa in età feconda sulla assunzione quotidiana con la dieta di almeno 150 microgrammi di iodio e sulla dimostrazione di normali livelli di FT4, FT3 e TSH ed assenza di autoanticorpi anti-TG e anti-TPO prima della gravidanza. Se si è affetti da Tiroidite di Hashimoto in trattamento con tiroxina il fabbisogno di tiroxina aumenta nel corso della gravidanza di circa il 50%, perciò ogni 2 mesi va dosato la FT4 per calibrare l’aumento della terapia. Gli Anticorpi anti-TG a anti-TPO decrescono con il progredire della gravidanza, per aumentare dopo il parto. L’assunzione di tiroxina non deve avvenire contemporaneamente a quella di calcio e ferro, ma deve essere intervallata di qualche ora. L’ecografia fetale è indispensabile per confermare il normale accrescimento fetale. L’assunzione di tiroxina e la positività di anticorpi anti-TG e anti-TPO non controindica l’allattamento.
L’ipertiroidismo in gravidanza è raro (0,4% circa) e quasi sempre è causato dalla malattia di Basedow-Graves (vedi sezione ipertiroidismo). I sintomi sono tachicardia, scompenso cardiaco, ipertensione, sudorazione profusa, astenia, intolleranza al caldo, perdita di peso o ridotto aumento di peso rispetto al periodo di gravidanza. Questi disturbi tendono a migliorare nel secondo e terzo trimestre perché gli autoanticorpi anti-recettore del TSH (TRAB) diminuiscono con il progredire della gravidanza, per poi aumentare nel post-partum. Le complicanze più frequenti dell’ipertiroidismo in gravidanza sono la mortalità fetale e neonatale nel 5-20% e la prematurità nel 20-50%. Può esservi anche ipertiroidismo neonatale e malformazioni quali il labbro leporino, l’ano imperforato o l’anencefalia.
La diagnosi è confermata da elevati livelli di T4 e/o T3, bassi livelli di TSH e presenza di TRAB.
La terapia ha l’obbiettivo di normalizzare nel più breve tempo possibile gli aumentati livelli di ormoni tiroidei con la dose minima di farmaci antitiroidei. Il propiltiuracile è preferibile al metimazolo nel primo e secondo trimestre per i possibili danni fetali che questo ultimo può provocare. La presenza dei TRAB controindica l’allattamento. Indispensabile nella gestante il monitoraggio mensile degli ormoni tiroidei e degli enzimi epatici. Inoltre, va eseguita la registrazione del battito cardiaco fetale, va monitorato l’accrescimento e va accertata la presenza di eventuali malformazioni.
Prof. Massimino D’Armiento
Ordinario di Endocrinologia
Università “La Sapienza” Roma