Un nodulo alla tiroide è un aumento di volume localizzato e circoscritto della ghiandola. La patologia nodulare della tiroide è molto frequente e si calcola che il 30-50% della popolazione adulta sia portatrice di uno o più noduli. Tale percentuale aumenta con l’età e, se si utilizzano metodiche strumentali molto sensibili come l’ecografia o l’ecocolordoppler che consentono di scoprire anche noduli di modesto volume, arriva nelle età più avanzate al 70%. In Italia circa 12 milioni di persone sono portatori di uno o più noduli tiroidei.
Per fortuna la stragrande maggioranza dei noduli è di natura benigna e non destano preoccupazioni: se la tiroide funziona normalmente è sufficiente un controllo periodico clinico, ecografico e ormonale. Se invece la tiroide è iperfunzionante con il nodulo compaiono altri sintomi come irritabilità, tachicardia, sudorazione, intolleranza al caldo, disturbi mestruali, dimagramento, indicativi di ipertiroidismo. In questi casi si può prescrivere terapia radiometabolica con iodio radioattivo (131I) per ottenere la scomparsa del nodulo e far tornare la tiroide a funzionare normalmente. Dopo pochi giorni dalla somministrazione del radioiodio si riprende la vita di tutti i giorni. In altri casi, quando il nodulo è molto voluminoso, può essere indicata la opzione chirurgica.
Solo una piccola percentuale dei noduli, circa il 3%, risulta essere maligno, cioè alberga un tumore della tiroide, in genere di tipo papillare o follicolare. La diagnosi si effettua prima di tutto analizzando i fattori di rischio: sono più esposti al pericolo di avere un nodulo tiroideo maligno coloro che hanno familiari con cancro della tiroide o che sono stati esposti alle radiazioni per motivi medici (preparazione al trapianto di midollo osseo, radioterapia per altri tumori ecc.) o accidentalmente (incidenti nucleari, quali quello di Chernobyl del 1986 o di Fukushima del 2011 con emissione di isotopi radioattivi dello iodio) e coloro che provengono da zone con deficit dell’apporto alimentare di iodio. Altro segnale di allarme è l’aumento di volume del nodulo nel giro di poco tempo o il repentino cambio del tono della voce.
Alla visita il nodulo sospetto di malignità risulta essere duro alla palpazione, non è mobile con la deglutizione, e può accompagnarsi all’ ingrossamento dei linfonodi del collo.
L’ecografia, oltre a caratterizzare i noduli come solidi, cistici o misti, consente di descriverne le caratteristiche sulle quali si basa un primo giudizio clinico di benignità o di sospetto di malignità. Elementi ecografici che pongono il sospetto di malignità sono: la ipoeco¬genicità marcata, la presenza di microcalcificazioni nel contesto del nodulo, i margini irregolari, l’elevata vascolarizzazione intranodulare all’eco-color doppler.
Se la storia del paziente, la visita e l’ecografia fanno pensare ad un elevato rischio di malignità del nodulo il passo successivo è l’agoaspirato ecoguidato: si tratta di una procedura diagnostica non invasiva, che si effettua in ambulatorio, senza anestesia, e dura pochi minuti. Con una normale siringa si punge il nodulo sotto controllo ecografico per estrarne alcune cellule da esaminare poi al microscopio, in modo da confermarne il sospetto di malignità oppure di escluderlo.
Se il nodulo risulta essere maligno va rimosso chirurgicamente, asportando parte o tutta la tiroide, a seconda il tipo e la grandezza e del tumore. In tutti i casi dopo l’intervento bisognerà assumere per tutta la vita l’ormone tiroideo sintetico levotiroxina, ad un dosaggio che va periodicamente controllato. In genere la prognosi della gran parte dei tumori della tiroide è molto buona, con sopravvivenza dopo 30-40 anni di oltre il 90% e con una buona qualità di vita.
Prof. Massimino D’Armiento
Ordinario di Endocrinologia
Università “La Sapienza” Roma
Nodulo del lobo sinistro della tiroide