Tra le ghiandole endocrine la tiroide è quella che più frequentemente è sede di tumori maligni; In Italia i pazienti con tumore della tiroide sono circa 200.000, di cui 150.000 donne, ed ogni anno sono attesi circa 11.000 nuovi casi. Oggi il tumore tiroideo è la quarta neoplasia più frequente nella donna (la seconda nella fascia di età sino a 50 anni, dopo il tumore della mammella). Se ben curati, hanno una elevata probabilità di guarigione con sopravvivenza dopo 30-40 anni di oltre il 90%. È molto importante quindi la diagnosi precoce per poter instaurare al più presto la terapia. In genere, il tumore si manifesta come un “nodulo”, cioè una tumefazione più o meno circoscritta della tiroide. Ed è il paziente stesso che abitualmente nota l’aumento di volume di una zona limitata del collo; altre volte è una ecografia fatta per altri motivi (ad esempio per valutare i vasi arteriosi del collo) che evidenzia la lesione. Come per altri tumori, vi sono fattori di rischio che vanno ricercati: i più rilevanti sono la familiarità, la pregressa esposizione alle radiazioni effettuata o per motivi medici (preparazione al trapianto di midollo osseo, radioterapia per altri tumori ecc.) o accidentalmente (incidenti nucleari, quali quello di Chernobyl del 1986 o di Fukushima del 2011con emissione di isotopi radioattivi dello iodio) e la provenienza da zone con deficit dell’apporto alimentare di iodio.
In genere il tumore della tiroide non dà luogo a sintomatologia eclatante, spesso il nodulo decorre asintomatico per molti anni, i valori degli ormoni tiroidei nel sangue sono normali e perciò non sono di ausilio diagnostico. A volte sono presenti sintomi dovuti alla compressione sulle strutture circostanti (esofago, trachea, nervi delle corde vocali) quali difficoltà all’ingestione del cibo, alla respirazione o cambiamento repentino della voce. La diagnosi si basa sull’esame clinico integrato da quelli strumentali. I noduli tumorali si accrescono rapidamente ed hanno consistenza aumentata; l’ecografia evidenzia la struttura del nodulo: i noduli che albergano un tumore appaiono solidi, ipoecogeni con margini irregolari e microcalcificazioni. Alla scintigrafia il nodulo maligno risulta “freddo”, cioè non capta il radioiodio. Tuttavia, l’esame più dirimente è l’agoaspirato ecoguidato, innocuo, indolore che discrimina, mediante la valutazione citologica del materiale prelevato, le lesioni benigne (cisti, adenomi, tiroiditi ecc) da quelle maligne. In questa ultima evenienza si procede subito al primo fondamentale provvedimento terapeutico: la rimozione chirurgica della tiroide (tiroidectomia) a cui segue la diagnosi istologica. I tumori più frequenti sono due: il carcinoma papillare, denominato anche carcinoma papillifero della tiroide, circa il 90%, che ha una buona prognosi e quello follicolare, molto meno frequente, circa il 5% con prognosi peggiore e con possibili metastasi ossee, polmonari e cerebrali. Molto rari sono il carcinoma midollare e quello anaplastico. La tipizzazione istologica va integrata con quella molecolare per identificare le alterazioni dei geni responsabili dell’insorgenza del tumore (BRAF, RET, ecc) che rappresentano anche validi fattori prognostici. La terapia in alcuni casi va completata con la somministrazione di radioiodio (131I) per eliminare eventuali residui di tessuto neoplastico.
Successivamente il paziente dovrà assumere quotidianamente – e dovrà farlo per tutta la vita - una adeguata quantità di ormone tiroideo per evitare i sintomi dell’ipotiroidismo. Infine, per consentire durante il follow-up la precoce identificazione di recidive o metastasi, il paziente, deve sottoporsi a periodici dosaggi della tireoglobulina ed eventualmente a scintigrafia total body. Se la terapia ed il follow-up vengono correttamente impostati da una equipe interdisciplinare integrata comprendente l’endocrinologo, il chirurgo, il medico nucleare e il biologo molecolare la prognosi della gran parte dei tumori della tiroide è molto buona, con sopravvivenza dopo 30-40 anni di oltre il 90% e con una buona qualità di vita.
Prof. Massimino D’Armiento
Ordinario di Endocrinologia
Università “La Sapienza” Roma
Faraone con gozzo
Gozzo e arte in Egitto